Birmania, foto choc "buca" la censura
di RAIMONDO BULTRINI
BANGKOK - "Le notizie e le immagini dei media hanno mostrato al mondo il vero volto dei militari killer birmani. Ma ora che le manifestazioni sono state represse, le notizie censurate e le macchine fotografiche vietate, non crediate che le uccisioni e le torture siano finite...". La lettera che accompagna una delle più scioccanti foto uscite dal Paese Prigione dei generali ci è stata recapitata da un giornalista birmano del quale per ovvie ragioni non riferiremo il nome. Anche a noi è ignoto il luogo dove l'immagine sia stata scattata, sebbene la fonte sia attendibile come il contenuto della denuncia, dove si torna a parlare delle fosse comuni di cui ha raccontato un ex ufficiale disertore, Hla Win, oggi sotto la protezione dell'ambasciata norvegese di Bangkok, che svelò nei giorni scorsi "migliaia di corpi seppelliti nella giungla".
Nel gelido clima di terrore seguito agli arresti di massa di civili e monaci, i tradizionali cortei mattutini dei religiosi per la questua rituale sono letteralmente quasi scomparsi dalle strade e nessuno si azzarda più a sfidare i soldati armati piazzati agli angoli degli incroci principali. A dar voce alle urla dal silenzio di questo paese imbavagliato dalla censura non restano che foto come questa e le dichiarazioni di testimoni autorevoli come Shari Villarosa, responsabile dell'ambasciata statunitense a Rangoon. "Da ciò che sappiamo la polizia militare a bordo di camion sta viaggiando attorno alla città nel mezzo della notte, entra nelle case e porta via la gente...", ha detto.
È ciò che sostiene anche l'autore della lettera alla quale è stata accompagnata l'immagine di almeno due uomini schiacciati sotto le ruote di un camion, ripresa evidentemente di notte con un flash. "Dopo aver torturato la gente e gli studenti nelle Unità investigative - è scritto nel testo in birmano - i bestiali uomini dell'Intelligence li gettano sui cassoni dei camion nel mezzo della notte e li portano via in strade segrete, lontano dagli occhi di tutti. Una volta giunti sul posto le persone e gli studenti che sono moribondi (ma ancora vivi) sono scaricati sul terreno come carcasse, allineati sulla strada sotto autotreni a dieci ruote e schiacciati".
Di fronte a tanta atrocità resta pur sempre il dubbio che questa e le altre numerose testimonianze sulle violenze contro centinaia di monaci e civili picchiati, denudati e spesso uccisi (come documentò un'altra terribile immagine di un religioso riverso nel fiume Yangon trasmessa dalla Abc) siano state forzate dagli esponenti del dissenso e accompagnate da ricostruzioni fotografiche ad hoc. Ma anche l'uccisione del fotoreporter giapponese Kenji Nagai fu attribuita dalle autorità birmane a un proiettile vagante prima che un video mostrasse l'immagine della sua uccisione a freddo da parte di un soldato.
Del resto nel 1988 e nel 1990 il regime dei generali negò lo stesso sterminio di almeno 3000 dissidenti uccisi nelle strade del centro teatro delle ultime imponenti manifestazioni guidate dai monaci contro l'aumento dei prezzi di generi di largo consumo come il combustibile e il riso. Prima del suo ultimo arresto nel maggio del 2003, anche la Nobel Aung San Suu Kyi fu testimone del brutale massacro di un numero imprecisato di suoi sostenitori a Depayin, nel nord del paese, pure questo negato dalle autorità che utilizzarono nell'impresa ex detenuti assoldati dall'organizzazione filo-governativa Usda e chiamati Swan Arrshin.
Nei giorni delle manifestazioni di massa delle settimane scorse tutte le tv hanno trasmesso i video usciti clandestinamente quando Internet ancora funzionava con militari e civili che caricavano sui camion i dimostranti per portarli via. Restano ancora i dubbi sulla loro sorte, visto che non si ha notizia di centinaia di persone arrestate, mentre l'esercito è sospettato di girare ancora casa per casa con le foto riprese durante i cortei. Dubbi che rafforzano la tesi contenuta nell'ultima parte della lettera accompagnata alla foto. "I corpi smembrati dai camion - è scritto - vengono successivamente gettati in grandi buche scavate dai macellai. In questo modo vengono fatti scomparire una volta per tutte. Tali demoniache atrocità - continua - vanno avanti giorno dopo giorno". Qualche speranza viene tuttavia dalla riunione di ieri del Consiglio di sicurezza dell'Onu, al quale l'inviato Gambari ha riferito della sua visita in Birmania. Non c'è ancora un accordo sulle misure da adottare contro il regime, perché la Cina si oppone a sanzioni, ma il Consiglio ha convenuto che "è inaccettabile e insostenibile tornare indietro alla situazione precedente alla crisi".
Articolo della repubblica qui riportato
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